28 agosto 2007

Racconto di una notte di mezz’estate

Il letto era caldo, sprigionava calore, come se fosse un caldo raggio solare che culla il sonno. Ergonomico, si, ma di un caldo assurdo.
E di certo le zanzare non aiutavano il sonno. Il loro ronzio che si sovrapponeva, prima uno poi un altro, di varia intensità e distanza. Le sentivo vicine, tanto da poterle scacciare con un minimo movimento della testa, mentre a volte erano talmente lontane che credevo si preparassero a venire da me a tutta velocità, con una forza immane a scagliarsi sulla mia pelle umida e a succhiare il mio sangue, prelibato e dolce nettare per loro.
A momenti volevo che lo facessero, per placare il loro ronzare, che sentivo continuamente, intervallato da i miei respiri che erano forti e profondi.
Non tanto profondi, perché credo di avere una sorta di problema respiratorio. Un blocco che ferma i miei polmoni sul punto più bello di un respiro, quello in cui hai tutta l’aria dentro e la senti in ogni bronchiolo, viva.
I miei respiri erano profondi solo per metà, diciamo.
Ogni volta che ne facevo uno mi veniva in mente un ricordo, che doveva essere delle elementari o delle medie.
Ricordi sparsi ne ho parecchi, cose che mi tornano in mente, soprattutto che riguardano la scuola e gli insegnamenti che ricevevo da essa.
Il ricordo in questione era il modo in cui è più giusto respirare;
secondo la mia professoressa l’inspirazione dovrebbe avvenire dal naso, in modo che tutti i corpi estranei rimangano intrappolati fra i peli presenti nelle narici, mentre l’espirazione dovrebbe venire dalla bocca, in modo che, sempre i corpi estranei presenti nella composizione chimica che usciva dalla fase respirativi andassero via dal mio corpo.
Ma ogni volta che cominciavo a respirare in modo errato e ripensavo a questa frase mi bloccavo, cercando di rimediare, ma era troppo tardi.
Cosi molto spesso facevo il contrario.
Pazienza.
Il caldo mi accompagnava in quella notte. Di più rispetto alle altre volte.
Questo perché ero sprangata nella mia camera, con porta e finestra chiusa in modo da stagnare nella stessa aria tutta la notte, e in modo di non far entrare nessun venticello che potesse nuocere al mio orecchio in fase “esplosiva”.
Avevo l’orecchio destro gonfio causa otite che mi aveva perseguitato per la terza volta. Sempre d’estate.
E in più una leggera febbre che accompagnava il tutto, rendendomi appiccicaticcia, dolorante e precaria d’equilibrio.
Il voltarsi continuamente non mi aiutava, cosi decisi di alzarmi e di accendere la luce.


parte 1

1 commento:

Anonimo ha detto...

alla scuola di mosaico c'è sempre posto! ;)